Abstract
Recentemente la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità che il trasportato su un veicolo coinvolto in uno scontro possa agire nei confronti della compagnia del vettore, anche in mancanza di individuazione o mancata copertura assicurativa dell’altro veicolo.
L’articolo che segue esamina l’art. 141 CdA sotto tale profilo e con riferimento al principio generale dell’onere della prova ex art. 2697 c.c..
* * *
La norma dell’art. 141 CdA, prevede che “Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all’articolo 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo”.
“Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall’ articolo 148”.
“L’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all’ articolo 145 (…)”.
“L’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall’articolo 150”.
Ma quali i limiti ed il contenuto dell’onere probatorio che incombe sul trasportato, atteso che la disposizione su citata consente al soggetto infortunato di rivolgersi direttamente all’assicuratore del vettore, a prescindere dalla responsabilità della produzione del sinistro?
Invero, il favor del quale gode il danneggiato, ispirato all’esigenza di evitare che egli debba attendere l’esito dell’ eventuale accertamento della dinamica del sinistro e della responsabilità di ciascuno dei conducenti dei veicoli coinvolti, deve essere armonizzato con la norma generale di cui all’art. 2697 c.c., in virtù della quale spetta comunque al terzo trasportato, che agisca in giudizio ai sensi dell’art. 141 CdA, non solo provare il danno, ma anche l’accadimento del sinistro e il nesso di causalità tra l’incidente ed il danno da risarcire.
Ciò è dato evincere dalla recente sentenza n.20654/2016, con la quale la terza sezione della Cassazione Civile ha rigettato il ricorso proposto dal trasportato danneggiato, confermando la decisione del giudice di merito, il quale aveva seguito correttamente la regola sul riparto dell’onere probatorio appena sopra richiamata e pertanto aveva giustamente rigettato la domanda risarcitoria, ritenendo mancante la prova, non della dinamica del sinistro al fine di individuare l’eventuale responsabilità del conducente (come affermato nel ricorso), bensì del fatto che l’incidente stradale si fosse verificato e che le lesioni riportate dalla danneggiata (nella specie, una minore) fossero effettivamente riconducibili ad un sinistro stradale nel quale la stessa era rimasta coinvolta in quanto trasportata.
La Corte ha infatti ritenuto che quanto posto a sostegno della decisione non si ponesse in contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza in materia (cfr. per tutte Cass. Civ. n. 16181/2015), poiché, se è vero che il terzo trasportato che si avvalga ai sensi dell’art. 141 CdA dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del veicolo sul quale viaggiava al momento del sinistro, non deve provare le concrete modalità dell’incidente allo scopo di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti, accertamento irrilevante ai fini della norma citata, è imprescindibilmente necessario che egli provi di aver subito un danno a seguito dell’incidente medesimo.
Presupposti per l’applicabilità dell’art. 141 CdA
Con la sentenza n. 16477/2017, la terza sezione civile della Corte di Cassazione, ha chiarito un altro profilo della norma speciale posta a tutela del terzo danneggiato, stabilendo che al fine dell’applicabilità dell’art. 141 CdA non è necessario né che l’altro veicolo sia assicurato, né che sia identificato.
Detta interpretazione, è certamente coerente con la considerazione del terzo trasportato quale soggetto debole legittimato, nel rispetto di quanto previsto dall’ art. 148 CdA, ad agire sulla base del principio vulneratus ante omnia reficiendus e della semplice allegazione e dimostrazione del fatto storico e del danno verificatosi a suo carico durante il trasporto, che non sia dovuto a caso fortuito.
Dalla motivazione sembrerebbe che la decisione della Corte tragga spunto dalla circostanza che la possibilità di agire in rivalsa (cfr. art. 141, comma 4, CdA) rimarrebbe preclusa qualora non esistesse una seconda compagnia di assicurazioni.
Ma non si può certo condizionare la legittimazione all’esercizio dell’azione principale alla possibilità concreta di agire in rivalsa, in quanto ciò risponde ad una scelta del legislatore in tema di allocazione del rischio, che ha scelto di privilegiare, nei limiti del massimale minimo di legge, il diritto del trasportato ad ottenere prontamente il risarcimento, agendo nei confronti del soggetto a lui sicuramente noto (la compagnia di assicurazioni del veicolo sul quale è trasportato), senza dover né attendere l’accertamento delle rispettive responsabilità, né tantomeno dover procedere alle ricerche della compagnia assicuratrice del veicolo investitore.
Questa previsione è idonea a coprire una vasta serie di situazioni, in cui il legislatore ha ritenuto prevalente l’interesse del trasportato ad una pronta tutela (scontro con veicolo che non si ferma e che quindi è necessario ricercare per risalire ai dati della compagnia di assicurazioni o che è privo di assicurazione).
* * *
Concludendo, è evidente che, sia pure con le sfumature prospettate, l’art. 141 CdA non indebolisce la posizione del danneggiato, ma anzi individua con l’art. 2054 c.c. e l’azione diretta ex art. 144 CdA, un’ulteriore opzione di tutela la quale però, una volta intrapresa, gli preclude di citare nel giudizio il responsabile civile.